Pagina:Torriani - Prima morire.djvu/133

Da Wikisource.

fine giustifica i mezzi, e rideva sguaiatamente, nella sua volgarità, delle idee rigide del pupillo che chiamava un utopista.

Leo non amava il lusso, aveva gusti semplicissimi; ma era naturalmente generoso, e preferiva le larghezze di Marco alle lesinerie del suo tutore. Diceva che, quando un uomo è generoso, è già a mezza via sulla strada del bene.

Allo spirare della sua minorità si fece rendere i conti di tutela. Possedeva un piccolo patrimonio di sessantamila lire: lo affidò a Marco e glielo raccomandò dicendo:

— È il mio avvenire, la mia indipendenza.

S'era addottorato in belle lettere e, coll'aiuto di quella piccola rendita, che gli permetteva di vivere senza bisogno d'un guadagno immediato, voleva dedicarsi alla letteratura. Diceva che coi libri si può fare del bene all'umanità assai più che col denaro.

Aveva una frase che ripeteva spesso a questo proposito:

— Le bien qu' on fait aux hommes, quelque grand qu'il soit, est toujours passager; les vérités qu'on leur laisse sont éternelles.

Voleva diventare un grande scrittore, ma la sua meta non erano la gloria e gli onori; molto meno il guadagno; era l'influenza che co' suoi scritti avrebbe potuto esercitare a beneficio delle sue idee. S'irritava quando udiva affermare che l'arte è fine a sè stessa, e che se si mette al servizio d'una tesi morale, politica, sociale, si abbassa.

— La scuola verista - diceva - come l'intendono taluni, è la scuola dei poveri di spirito. I suoi apostoli, incapaci di comprendere tutto intero il problema