Pagina:Torriani - Senz'amore, Milano, Brigola, 1883.djvu/166

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il benefizio ereditario nella sua famiglia; e ripensavano il piviale d'oro e la mitra dell'arcivescovo di Vercelli, che era stato l'anno innanzi a Santhià per amministrare la cresima. Si figuravano di vedere Vincenzo vestito a quel modo, in mezzo ad una nuvola d'incenso, sotto un baldacchino bianco ed oro, con tanti preti intorno, andare in giro pian piano per la chiesa, dando degli schiaffettini con due dita sulle guancie arrossate dei bimbi, e susurrando delle parole latine. Di certo non poteva essere un ragazzo come gli altri, uno che doveva arrivare a codesto, ed i suoi compagni avevano per lui un certo rispetto.

Vicenzino si sentì addirittura avvilito da quella futura autorità ecclesiastica. Gli parve che Vincenzo fosse prete apposta, per presentare i torti di suo padre al tribunale divino. Si rannicchiò, si rimpicciolì nel suo angolo remoto da ultimo venuto, ed evitò persino di guardare il cugino, e se ne tenne lontano come un reprobo dall'altare. Gli pareva ad ogni momento di vederselo venire innanzi a chiamarlo «figlio d'un ingrato». Nella sua mente paragonava i due fratelli Dogliani ad Abele e Caino, e tremava di vergogna e di spavento.

Invece Vincenzo, che ammirava il parente sconosciuto, per quanto c'era di meraviglioso nella sua storia di grandezza, e di miseria, e di emigrazione in paesi lontani, era anche lui in suggezione e non osava avvicinarlo. E Vicenzino, interpretando