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— M’aspettavo un’esplosione di sdegno. Ero spaventato dalle mie stesse parole. Ma ella si voltò lentamente, e guardandomi in volto coi suoi grandi occhi limpidi, mi rispose:
«Lo so bene che mi amate, Gustavo.
— Rimasi istupidito. Era la schiettezza dell’innocenza, o era un artificio di civetteria? Quella pace, quella sicurezza, volevano dire che mi amava, o che si prendeva gioco di me? Volli saperlo, e col cuore tremante le domandai:
«Lo sapete, e non ne siete offesa?
— Ella depose il lavoro, e senza precipitazione, colla calma d’una vera beatitudine mi guardò a lungo e mi disse:
«Non posso esserne offesa, perchè anch’io vi amo.
«Voi mi amate, Clelia? Oh non avrei mai osato crederlo!
«Osatelo, Gustavo. Osatelo perchè siete un bravo giovine.
— E mi prese il capo colle sue mani bianche, e senza agitarsi, senza arrossire, mi baciò sulla fronte. Ricevetti quel bacio in ginocchio, a capo chino, senza ricambiarlo, in un religioso raccoglimento, come si riceve una benedizione.
— Vivemmo otto mesi così. Otto mesi di incantevole ebbrezza, amandoci con tutto l’ardore dei mortali, con tutta la purezza degli angeli.