Pagina:Torriani - Serate d'inverno, Madella, 1914.djvu/91

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quella funesta eredità? Udivo ancora echeggiare le risate di quella ragazza. Ero ridicolo anche per lei, per tutti!

La mattina seguente mi accostai alla finestra pian piano, in punta di piedi, peritante, intimidito come un cane scottato. Ma non arrivai neppure ad affacciarmi. Le cinque bocche rosate si spalancarono ad un coro di risate sonore, ed i dieci occhi scintillanti mi trafissero come dieci lame d’acciaio.

Dal fondo della mia camera le udivo sghignazzare ripetendo il mio nome.

— Eu—stacchio. Ah! ah! ah!

Se dovevano esser queste le mie avventure, pensai che non valeva la pena di desiderarle tanto!

E tuttavia, se non fosse stata quella miseria del nome l’avventura sarebbe cominciata. Quella fanciulla era venuta a bussare al mio uscio per farsi riaccendere il lume; ma il lume era un pretesto. Era venuta per parlare con me; era stato il mio nome che l’aveva fatta fuggire.

Ah, se mi fossi chiamato Ernesto come diceva lei! Ernesto!