Pagina:Torriani - Tempesta e bonaccia, Milano, Brigola, 1877.djvu/124

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— «A che l’uomo sarebbe il più forte se non avesse il coraggio morale, dinanzi all’amore di una donna, di combatterlo per sè e per lei, quando è nell’interesse di lei di combatterlo?

«Ed attingendo nella lontananza quell’eroismo che vicino a me sarebbe stato affogato da un impeto giovanile, ad una parola, ad uno sguardo, aveva scritto una lettera ragionata; aveva compresso il suo cuore per farlo tacere dinanzi al mio. Ed a quando a quando il cuore s’era imposto alla ragione, ed aveva dettato una frase che smentiva le precedenti.

«Così mi spiegai la lettera sconclusionata ed incoerente di Max. Era realmente così?

«Ma ad ogni modo io ne era addolorata ed offesa. Avrei voluto quella passione che non ragiona. Forse era un’idea da romanzo; forse sarebbe stato una ruina per me; forse in realtà egli era generoso ed assennato, io imprudente ed egoista; forse avrei dovuto ringraziarlo e benedirlo del sacrificio che s’imponeva per me.

«Eppure non lo ringraziai nè lo benedissi. Il mio pensiero non andava al futuro per calcolarvi i mali preveduti da quel savio procedere. Stava nel presente, che aveva sognato divino e trovava arido e vuoto. Cercava il giovane innamorato e trovava l’uomo savio. Nell’amarezza della delusione gettai sulla carta questa risposta: