Pagina:Torriani - Tempesta e bonaccia, Milano, Brigola, 1877.djvu/142

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scale, come d’un cameriere che accorra ad un appello impaziente, o d’un ragazzo che giochi; e la sbarra risuonava forte. Ed immediatamente il mio uscio fu aperto con impeto. E, senza farsi annunciare, senza bussare, senza chieder permesso, Max irruppe in camera tutto ansante, e mi prese nelle sue braccia.

«Era dunque ancora lui, impetuoso, passionato, che non faceva mai nulla come gli altri. Non era vero ch’egli fosse mutato. Alteramente bello ed alteramente imprudente come prima, dimenticava il mondo dinanzi al suo amore, non soffriva l’indugio d’un’ambasciata, correva lieto e spensierato dove lo portava il cuore.

«Com’era felice di vedermi! Anch’io fui felice, Furono belle ore; ore di gioia inebriante. E quel bacio sulla mia fronte, quel bacio che aveva descritto nella sua lettera, fu quanto di più intimo, di più colpevole avvenisse tra noi. Egli mi stringeva le mani, e mi diceva:

«— Voi mi siete sacra per la vostra ingenua fiducia, Fulvia. Sono contento d’amarvi così. Credetelo pure, io conosco il mondo, e vi giuro che la sola felicità vera, è quella che si può rammentare senza rimorso.

«Perchè, s’egli può rammentarmi senza rimorso, ne rimase tanto a me? I doveri d’una donna sono