Pagina:Torriani - Tempesta e bonaccia, Milano, Brigola, 1877.djvu/171

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sedere sul mio sofà, gli proposi di fargli il caffè, di andare pel medico, e che so io altro.

«— No; mi rispose trattenendomi, non mi occorre nulla. Son venuto per parlarti di cose gravi. Resta qui. Fammiti vicina; ho bisogno d’abbracciarti per prender coraggio, povera Fulvia!

«Pensai che Gualfardo gli avesse scritto che rinunciava alla mia mano.

«— Vuoi dirmi di Gualfardo?... domandai.

«— No, cara. Ti parlerò anche di lui, ma quello è il più caro, il più consolante de’ miei pensieri. Debbo dirti una triste, triste notizia; si tratta di me, Fulvia, del tuo povero babbo...

«Era profondamente commosso; la sua voce tremava.

«Credetti di comprendere, e chiudendogli la bocca con un bacio, gli dissi:

«— Non dir più altro, babbo. Sono una sbadata; avrei dovuto pensarci prima, che puoi trovarti in istrettezze. Io ho tutto il denaro dell’ultimo teatro. Da questa mattina non avrai più nessun pensiero molesto; scusami, povero babbo, non penso mai a nulla.

«— Tu sei un angelo, mi rispose singhiozzando; ed io debbo perderti, lasciarti per sempre...

«A quella parola una luce fatale si fece nella mia mente. Misi un grido e scoppiai in pianto.