Pagina:Torriani - Tempesta e bonaccia, Milano, Brigola, 1877.djvu/20

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mentre accompagnavo il mio vecchio amico sulle scale.

— Ebbene, dissi, domani a sera non verrò. Non voglio privarla del piacere d’esser sola con te.

Egli non rispose. Era delicatissimo, prudente, pieno d’onore. Forse gli dispiacque il sospetto sottinteso in quella mia risposta, e non volle nondimeno ribatterlo per non impegnare una discussione che poteva far torto ad una signora ch’egli stimava. Parlammo d’altro e parlammo poco.

Io amavo sinceramente Giorgio, che era un nobile cuore, un amico leale. Pensai a lungo a quella parola amara che gli avevo detta; ed a quando a quando ripensai alla antipatia della giovane artista per me.

Prima che giungesse la sera del giorno seguente, mi persuasi che, a rimediare all’offesa che le avevo fatta, ed al dispiacere che avevo dato a Giorgio, era necessario che passassi ancora quella sera con loro. Andai a vedere Fulvia nel suo camerino in teatro; Giorgio mi vi raggiunse, e tornammo all’Albergo Milano insieme.

Fulvia aveva cantato quella sera con tanta grazia e tanta passione, che il pubblico l’aveva accolta con entusiastici applausi. Nel camerino s’erano affollate le visite a complimentarla. Io l’avevo ascoltata da un palco di proscenio, ed amantissimo della musica, ero stato profondamente commosso dalla sua voce;