Pagina:Torriani - Tempesta e bonaccia, Milano, Brigola, 1877.djvu/63

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cuore. Mi alzai lentamente ed andai a stendermi lontano da lei in una sedia a bracciuoli. Ivi rimasi qualche tempo senza pensar nulla, in uno stato d’abbattimento, con questa sola idea tuttavia non bene distinta: — Che tutto era finito; che stavo per partire, e non la vedrei più.

Ma intanto la vedevo, e la vedevo piangere, e quel pianto era d’amore per me. A poco a poco il mio stato di passività si andò animando d’una sensazione dolce. Provavo, dirò così, l’ebrezza di soffrire insieme. Il desiderio conteso, le aspirazioni ferventi verso una meta impossibile, sono lo stato più confacente al mio carattere.

Sentii un’acre dolcezza sostituirsi al senso di scontento che mi aveva invaso. Mi diedi a riflettere al nostro breve passato; ad esaminare quasi tranquillamente tutto il procedere di Fulvia ed il mio. Ad un tratto pensai:

— Ecco la ragione dell’episodio tempestoso! Promessa ad un altro, non poteva sperare di unirsi per sempre ad un uomo amato, e sognava di esaltarsi almeno per un tempo per un grande amore, prima di sacrificarsi per tutta la vita!

E tutte le promesse che avevo creduto di scorgere nell’espressione di quella sua strana idea, mi balenarono al pensiero in quell’ora di dolore, come un miraggio.