Pagina:Torriani - Tempesta e bonaccia, Milano, Brigola, 1877.djvu/93

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metteva la mia carriera, erano tutto opera di Welfard, e si ravvivò più che mai in me il senso di gratitudine infinita che mi legava a lui.

«Gli scrissi a lungo quella notte istessa sotto l’impressione delle nuove emozioni che mi agitavano; cercai di trasfondere la mia anima nella sua, di riscaldarlo al fuoco del mio entusiasmo, della mia passionata riconoscenza.

«Passarono otto lunghi giorni; ed in ciascuno di essi speravo una lettera, e ciascuno mi recò una delusione.

«Ed intanto mi vedevo circondata da giovani vivaci, espansivi, che si disputavano come una gloria il piacere di accompagnarmi; che trascuravano i loro affari, le loro famiglie per me; che si rendevano indiscreti, importuni a forza d’assiduità.

«Mi erano tutti indifferenti. Se tutti avevano le qualità che mancavano a Welfard, nessuno aveva poi le virtù ch’egli possedeva. E tuttavia ogni giorno, dopo aver sperato invano una lettera, ero costretta a dire a me stessa: Oh perchè tutti questi esseri tanto inferiori a lui sanno amar meglio? Perchè in lui solo Dio non ha infuso il soffio della passione, che è la poesia della vita?

«Una sera, nove giorni dopo che avevo scritto a Welfard, ero pronta per andare al teatro, quando mi venne recata la sua risposta.