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matrigna severa, il babbo tutto assorto in lei, il bimbo piagnoloso e la zia reumatizzata.
Ma quando la casa era piena del rumore delle faccende, e dello stridio del bimbo, e quando era silenziosa e triste come una tomba nelle ore del pomeriggio, io udivo risonarmi all’orecchio la voce ansimante ed amorosa di Onorato, che mi ripeteva dolcemente e sempre, le sue care parole:
«Sa che le voglio tanto bene? E lei mi vuole un po’ di bene, dica? Addio Denza!»
Qualche volta piangevo di commozione, qualche volta ridevo, cantavo, giocavo pazzamente col bimbo, per sfogare la piena della mia gioia; ma ero sempre felice.
Una sera mi occorse d’entrare imprevedutamente nella camera della matrigna; e mentre stavo per aprir l’uscio, la udii che diceva al babbo:
— È strano! Credevo che la Denza dovesse fare più incontro. Ora che non ha più affatto