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un’insistenza da idea fissa, senza stancarmene mai, era un giovane in piedi, che mi abbracciava stretta, susurrando:
— Cara... Come sei bella!
La mattina dopo, mentre ci vestivamo, ciascuna accanto al suo letto, la Titina mi disse:
— Che cos’avevi ieri sera, con quella storia della bugia? Sognavi?
Io risposi spronando il mio coraggio, colla convinzione di fare un’azione meritoria.
— No, non sognavo. Ti dissi che non m’importa d’esser bella o brutta; invece non è vero... M’importa molto, e sono contenta d’esser bella, ed è proprio per questo, come avevi sospettato tu, che mi spettino dinanzi allo specchio. Ecco!
Dissi quell’ecco con un gran sospirone, come per dire: «Ora l’espiazione è fatta». E mi sentii contenta di me, allegerita; soltanto non osavo guardare la Titina.