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Pagina:Tozzi - Con gli occhi chiusi, Milano, 1919.djvu/60

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La bestia non voleva voltare; e lo sterzo delle stanghe restava a traverso. Anche lo sguardo di Toppa, sempre irato, molestava e impacciava Pietro.

— Tiralo a te!

Non aveva più forza, non riesciva ad afferrare bene la briglia; e le dita gli entravano nel morso bagnato di bava verdognola e cattiva. Nondimeno fece di tutto, anche perchè sapeva che Ghìsola, tornata dalla stalla, doveva essere lì. Tremava sempre di più. E le zampe del cavallo lo rasentarono, poi lo pestarono. Allora Domenico prese in mano la frusta, andò verso Pietro e gliel'alzò sul naso.

— Lo so io che hai. Ma ti fo doventare buono a qualche cosa io.

Ghìsola si avvicinò al calesse e lo aiutò; dopo aver sdrusciato, allo spigolo del pozzo, uno zoccolo a cui s'era attaccato il concio della stalla.

Domenico, sempre con la frusta in mano, andò a parlare a Giacco che ascoltava con le braccia penzoloni e i pollici ripiegati tra le dita, le cui vene sollevavano la pelle, come lombrici lunghi e fermi sotto la moticcia.

Pietro non aveva il coraggio di guardare in volto Ghìsola, i cui occhi adesso lo seguivano sempre. Le gambe gli si piegavano, con una snervatezza nuova; che aumentava