Pagina:Tozzi - Con gli occhi chiusi, Milano, 1919.djvu/93

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dimenticarsi, fissando lungamente le palme delle mani finché riuscì a non scorgerle più.

Allora percepì un dolore dietro la scapola sinistra; al quale gli parve ridotto tutto il suo essere.

E dopo un pezzo, si avvide che il tavolino sul quale lavorava, essendo troppo basso, gli aveva aiutato quell'assopimento.

Si alzò. La matita cadde, spezzandosi. Raccattò i pezzettini con un vivo dispiacere quasi superstizioso: «Perchè è caduta?».

Esaminò il ritratto e poi la copia; e si sentì tanto scoraggiato che ne provò quasi affanno, come il culmine dell'indecisione e del dubbio che mai lo lasciavano in pace.

E in tanto, un raggio di sole, un raggio pieno di sonno, aveva invaso tutto il foglio di carta. E Pietro pensò: «È finita. Non vado più avanti».

Rebecca, che aveva spazzato tutte le camere, passò accanto a lui e gli disse:

— Perchè stai costì senza far niente?

Le saltò addosso, dietro le spalle, allacciando le mani sopra il volto. Rebecca rise con la bocca chiusa, insalivandogli le dita. Egli la fece barcollare; poi, saltando, andò in un'altra stanza.

F. Tozzi. Con gli occhi chiusi. 6