Pagina:Tozzi - Con gli occhi chiusi, Milano, 1919.djvu/98

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il pane fosse bagnato di lacrime, che non volevano smettere, avendo avuto, poco avanti, piuttosto voglia di ridere. Doveva esser quella la sua vita?

Ma, al rumore dei nonni quando entravano, chiudeva gli occhi; per far credere che dormisse e per il bisogno di non vederli.

L'ultimo giorno che stette a Poggio a' Meli, mentr'era per addormentarsi con una forcella in bocca, che aveva mangiucchiata con i denti, le parve di cadere da una grande altezza e battere sul tetto della casa a Radda: gemendo, si scosse tutta. Il nonno, dall'altro letto, le gridò:

— Stai zitta! Credi che non mi dispiaccia?

Temette d'esser brontolata. Poi riflettè, e a lei parve a voce alta: «Non ci pensano più. Bisogna che non russi».

Ma le dava fastidio l'odore delle lenzuola poco pulite; e, per non sentirlo, se le avvoltolò al collo.

I suoi capelli, sciolti, finivano a punta; e, sopra il capezzale, assomigliavano a una falce.

Le pareva d'entrare in casa: la mamma aveva un vestito nuovo, le due sorelle erano ingrassate. Una voce le chiese:

— Che cosa ci fai qui?

Ed ella rispose:

— Non lo so: non ci sono venuta da me. Ma il babbo dov'è nascosto?