Pagina:Tozzi - Giovani, Treves, 1920.djvu/100

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un giovane 93


Poi si alzò, pieno di spavento, per chiudersi in camera. Era sfinito e aveva bisogno di buttarsi magari in terra. Ma s’era a pena voltato, che il vecchio, afferratolo per il collo e per un braccio, lo riportò indietro. Lo voleva vedere, diceva, dentro gli occhi. Ma Alfonso teneva la testa bassa. Allora il vecchio gli detto un colpo sotto il mento perchè l’alzasse. Il giovine pensò: «È proprio lui che mi picchia anche ora?». Non si reggeva più ritto, e avrebbe avuto bisogno di piangere e di abbracciare suo padre con un affetto che in quei momenti doventava immenso: anzi, solo in quei momenti, provava un vero affetto per il padre.

— Tu non andrai via da questa stanza senza che m’abbia spiegato perchè oggi sei sparito di casa. Dove sei stato?

Alfonso si preparava a rispondere e sentiva una grande dolcezza. Ma non gli era possibile dire più una parola, come se avesse avuto la bocca cucita.

— Non mi rispondi?

— Te lo dirò quando non mi picchierai.

— Io ti fo quel che meriti. Credi tu che un altro figliolo si comporterebbe come te?