Pagina:Tozzi - Giovani, Treves, 1920.djvu/14

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pigionali 7


le mie posate d’argento. Basta che tu mi prometta di non venderle mai. Ma a Marta, anche se verrà a trovarmi, non le darò la gatta, perchè me l’ha sempre invidiata!

Ma era stanca di vedere le pareti della camera, e sempre di più la sua impazienza cresceva; come la febbre. Alla fine, la morte venne da vero; quando, Gertrude non se ne accorse nè meno.

E Marta che non s’era mai arrischiata ad entrare in casa sua! Qualche volta aspettava, alle scale, la gente che usciva; per domandare le notizie della malata. Ma si raccomandava che non lo ridicessero a lei.

Non dormiva più: sapeva che, dall’altra parte del muro, in una camera come la sua, il lume ad olio restava acceso tutta la notte.

Aveva anche una gran voglia di parlarne e di compassionarla; pensando di dirle un monte di cose belle e dolci e pregando per lei: voleva che andasse in paradiso.

Ora chiamava la gatta non perchè chiappasse i topi, ma perchè gliela voleva governare. Le pareva così di levargliela; doventandone padrona lei.