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226 i butteri di maccarese


Egli stava a cavallo con le gambe tutte stese, il corpo tirato in dietro; e con una mano pigliava la criniera, quasi avesse potuto tirarla via come una pianta. Il cavallo, forse, non sentiva male; ma allungava il passo. Ed egli allora, quasi avesse voluto gastigarlo, gli dava una spronata; e correva per chilometri e chilometri, a caso, saltando ove c’era l’acquitrino, ripieno di cannucce verdi; e, poi, rasentando, quanto erano lunghe, le staccionate.

Pompilia lo aspettava senza sentire nè meno il bisogno di farsi un poco alla finestra. Stava rincantucciata in cucina con la parente di Corrado; sorridendole timidamente e arrossendo tutte le volte che le passava vicino; anche se quella non pensava di badare a lei. Sarebbe stata più tranquilla e più contenta se il padre e i fratelli non avessero dovuto mietere. Il padre, una sera sì e una sera no, perchè erano troppo stracchi, mandava il figlio più piccolo, ancora un ragazzo, a sapere come stava. Ed ella, senza alzarsi dalla sedia, come le aveva insegnato Corrado, gli diceva, tastandosi i polsi, che la febbre non voleva passare. Il fratello le chiedeva: