Pagina:Tra le sollecitudini (Mondovì 1904).djvu/8

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giudizî che in tale materia di leggeri s’insinuano e si mantengono poi tenacemente anche presso persone autorevoli e pie, v’ha una continua tendenza a deviare dalla retta norma, stabilita dal fine, per cui l’arte è ammessa a servigio del culto, ed espressa assai chiaramente nei canoni ecclesiastici, nelle Ordinazioni dei Concilii generali e provinciali, nelle prescrizioni a più riprese emanate dalle Sacre Congregazioni romane e dai Sommi Pontefici Nostri Predecessori.

Con vera soddisfazione dell’animo Nostro Ci è grato riconoscere il molto bene che in tal parte si è fatto negli ultimi decennî anche in questa Nostra alma Città di Roma ed in molte Chiese della patria Nostra, ma in modo più particolare presso alcune nazioni, dove uomini egregi e zelanti del culto di Dio, con l’approvazione di questa Santa Sede e sotto la direzione dei Vescovi, si unirono in fiorenti Società e rimisero in pienissimo onore la musica sacra pressochè in ogni loro chiesa e cappella. Codesto bene tuttavia è ancora assai lontano dall’essere comune a tutti, e se consultiamo l’esperienza Nostra personale e teniamo conto delle moltissime lagnanze che da ogni parte Ci giunsero in questo poco tempo, dacchè piacque al Signore di elevare l’umile Nostra Persona al supremo apice del Pontificato romano, senza differire più a lungo, crediamo Nostro primo dovere di alzare subito la voce a riprovazione e condanna di tutto ciò che nelle funzioni del culto e nell’officiatura ecclesiastica si riconosce difforme dalla retta norma indicata. Essendo infatti Nostro vivissimo desiderio che il vero spirito cristiano rifiorisca per ogni modo e si mantenga nei fedeli tutti, è necessario provvedere prima di ogni altra cosa alla santità e dignità del tempio, dove appunto i fedeli si radunano per attingere tale spirito dalla sua prima ed indispensabile fonte, che è la partecipazione attiva ai sacrosanti misteri e alla preghiera pubblica e solenne della Chiesa. Ed è vano sperare che a tal fine su noi discenda copiosa la benedizione del Cielo, quando il nostro ossequio all’Altissimo, anzichè ascendere in odore di soavità, rimette invece nella mano del Signore i flagelli, onde altra volta il Divin Redentore cacciò dal tempio gli indegni profanatori.

Per la qual cosa, affinchè niuno possa d’ora innanzi recare a scusa di non conoscere chiaramente il dover suo e sia tolta ogni indeterminatezza nell’interpretazione di alcune cose già comandate, abbiamo stimato espediente additare con brevità quei principii che regolano la musica sacra nelle funzioni del culto e raccogliere insieme in un quadro generale le principali