Pagina:Tragedie, inni sacri e odi.djvu/374

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La prima edizione a stampa del Cinque maggio non fu fatta dal poeta, ma comparve, non senza mende e inesattezze (perfino nel frontespizio!), a Lugano, sulla fine del 1822, con la versione latina di Erifante Eritense (al secolo Pietro Soletti di Oderzo). Il traduttore vi premise, amputandola della frase ch’io chiudo tra parentesi, la seguente letterina ricevuta dal Manzoni, con la data di Milano, 20 giugno 1822 (l’autografo ne è ora alla Marciana; cfr. Carteggio di A. M., II, 35-6):

«Chiarissimo signore, Le debbo doppj ringraziamenti, e pel pensiero ch’Ella ha avuto d’abbellire in versi latini quella mia ode, e per la gentilezza con la quale le è piaciuto di comunicarmi la sua bella versione. La prego di gradire le mie sincere congratulazioni; o queste le sieno in vece di quella sentenza che troppo modestamente Ella domanda, e ch’io non son certamente in grado di proferire. Non posso che esprimerle il sentimento da me provato alla replicata lettura della sua composizione; questo sentimento è stato il diletto che fanno nascere i bei versi. La copia dell’ode da Lei comunicatami differisce dal testo in qualche piccola cosa. Le noto qui sotto le poche differenze por obbedirla, non già perchè Ella cangi nulla alla versione, la quale sta pur bene com’è. Rimango pieno di riconoscenza per l’onore ch’Ella m’ha fatto, e col più sincero ossequio,

Suo umiliss. devot. servitore
Alessandro Manzoni».


«St. 4: S’erge commosso — Sorge or commosso.
St. 7: Ferve — Servo.
St. 10: Ei sparve — E sparve.
St. 14: E ricordò — E ripensò».

Contemporaneamente, e forse solo qualche giorno prima, dell’Ode fu pubblicata la traduzione tedesca del Goethe, nel vol. IV, fasc. 19, p. 182, della rivista Ueber Kunst und Altertum, 1822. Al Goethe l’Ode era stata mandata dal duca di Weimar il 12 gennaio 1822; e il 14 o 15 ei l’aveva già bell’e tradotta. Degno di nota è che il sommo poeta tedesco lesse e tradusse, nella str. E ripensò...., percorse valli (durchwimmelte Thäler) invece di percossi valli. Questa traduzione egli recitò alla Corte di Weimar l’8 agosto 1822. (Cfr. nella Cultura del Bonghi, fasc. del 1º febbraio 1883, una lettera di H. Simon di Berlino; e una noterella di E. Benvenuti, nel Marzocco del 19 febbraio 1911).