Pagina:Tragedie, inni sacri e odi.djvu/461

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poeti ed eroi 431

il conte. chiamali... chiama
I più distinti... quei che incontri i primi:
Vengan qui tosto.

I prigionieri sono introdotti. Il Conte li riceve non come nemici, bensì come amici a cui la fortuna non abbia arriso.

il conte. O prodi indarno, o sventurati!... A voi
Dunque fortuna è più crudel? Voi soli
Siete alla trista prigionia serbati?...
Voi, di chi siete prigionier?
un prigioniere. Noi fummo
Gli ultimi a render l’armi. In fuga o preso
Già tutto il resto, ancor per pochi istanti
Fu sospesa per noi l’empia fortuna
Della giornata; alfin voi feste il cenno
D’accerchiarci, o signor: soli, non vinti.
Ma reliquie de’ vinti, al drappel vostro....

il conte. Voi siete quelli? Io son contento, amici.
Di rivedervi; e posso ben far fede
Che pugnaste da prodi: e se tradito
Tanto valor non era, e pari a voi
Sortito aveste un condottier, non era
Piacevol tresca esservi a fronte.
.     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     
Voi siete sciolti, amici. Addio: seguite
La vostra sorte, e s’ella ancor vi porta
Sotto una insegna che mi sia nemica....
Ebben, ci rivedremo.

S’intende: con questa scena, oltre che rendere e illustrare drammaticamente un uso di guerra al tempo delle Compagnie di ventura, il Manzoni volle altresì lumeggiare il carattere buono ed eroico del Condottiero carmagnolese. La indomabile sua fierezza nel campo, di fronte al nemico fiero ed armato, si mutava in un’amabile mitezza, dinanzi al nemico sconfitto o impotente. La guerra era per lui una crudele necessità, che trovava la sua giustificazione in un nobile fine; raggiunto questo, il continuarla sarebbe stato un tramutarla in assassinio. Il condottiero sarebbe divenuto un masnadiere.

Or questa scena, così moralmente e poeticamente bella, che la fantasia del Manzoni immaginò e descrisse tra il 1816 e il 1820, doveva riprodursi nella realtà, nel 1859, a Ber-