Pagina:Tragedie, inni sacri e odi.djvu/518

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rezza, a proposito, pare, delle sue Memorie poetiche: «Quel volume al Manzoni dunque non piacque! Me ne dispiace». Egli vi aveva ricordati, e in parte riferiti, i colloqui avuti col grand’uomo a Milano; e si sa e si capisce come ciò non garbasse punto al Manzoni. Ma si capisce pure come il mancato compiacimento di lui ferisse l’amor proprio del critico ammiratore. Che l’8 maggio 1839, da Montpellier, chiede ancora: «E in casa Manzoni c’è egli più pace?». E da Beaucaire, il 17 luglio: «La madre del buon Rosmini viv’ella ancora? E col Manzoni si veggono eglino spesso?».

Il De Marchi assicura che chi vorrà, e potrà, frugare in questo nuovo tesoretto di carte Manzoniane, «ne caverà certamente numerose notizie intorno alla vita e alle vicende domestiche» del Manzoni; e, soggiunge, «correggerà qualche ingiusto giudizio troppo leggermente esposto e troppo facilmente accolto». Auguriamoci dunque che venga presto chi voglia e possa1.

Intanto getta non poca luce sulle incresciose condizioni in cui venne a trovarsi la famiglia Manzoni dopo il ritorno degli Austriaci, nel ’48, una lettera di donna Teresa da Brusuglio, il 23 aprile ’49, al suo procuratore. Come è risaputo, nella prima delle cinque giornate, il sabato 18 marzo, al Broletto, Filippo, il più giovane dei figli Manzoni, ventiduenne, era stato catturato. «Povero Filippo; poveretti quei giovani, in mani degne di quelli che hanno fatto gli orrori di Tarnoff! [Tarnow, nella Galizia, insanguinata nel ’46 da feroci repressioni]», aveva esclamato il

  1. Ha avuto la fortuna di rimettervi lo mani la sig.na Teresa Grassi; e con la scorta di alcune interessantissime lettere di Alessandro alla moglie, da Siena, ottobre ’52, e da Viareggio, agosto e settembre ’56, ha potuto ricostruire in ogni sua parte la storia delle commoventi amichevoli relazioni, e degl’incontri nella villa di Varràmista e a Viareggio, del Poeta con Gino Capponi (Milano, Figli della Provvidenza, 1921).