Jefte. Del forte onoro i pregi: abborro
Suoi feri modi; e il tuo destin compiango.
Che? le segrete tue lagrime credi
A tutti asconder? non a Jefte il puoi:
Amante è Jefte. Ei spesso alla presenza
Del tuo torvo signor tremar ti vede,
Impallidir, reprimere i più giusti
Pensieri, ed in silenzio a te medesma
Dir con dolor: «Sacrificata io fui!»
Ahi vittima infelice! Io allor (nol niego)
Più d’Azaria non son l’amico: io l’odio;
Io penso ai dì che tratto avresti al fianco
Di più degno amator, di tal cui gloria,
Non l’imperar, sol l’obbedirti fòra,
L’adorarti qual servo.
Ester. Or basta: io d’uopo
Di compianto non ho. Travedi: il prode
A cui son moglie è quale il bramo; e solo
Ad altri in braccio abborrirei la vita.
Jefte.Donna, i tuoi detti aspri son molto, e fiele
Maggior ne’ guardi sta.
Ester.Sì, la parola
Tutta non esce qual dovria dal core.
Pontefice, il tuo grado ognor rammento:
Nè mai dispero, che il tuo error tu scerna
E ten vergogni,... ed io stimarti possa.
Che attendi alfin? d’altri non sono io sposa
Irreparabilmente?
Jefte. Oh, ch’havvi mai
Che irreparabil sia? Se altro pensiero
Non fosse inciampo all’amor tuo, deh il caccia!
Ester.Tant’osi?
Jefte. Ahi, più ch’io non volea già dissi!
Or ben,... più non si finga.
Ester. Io tremo.
Jefte. Sappi,
Che in me speranza non fu estinta mai:
D’Azaria la fierezza a me fa certo