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Pagina:Tragedie (Pellico).djvu/228

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atto primo. — sc. iv. 223


E non mi fea! — Piegata alfine al giogo
Del mio destin mi sento. Ermano apprezzo....
Ed amo....si. Ma qual amor! qual fiamma
Diversa è questa! L’alimentan gli odii
Che insiem nutrimmo. Oh palpiti d’un tempo
Soavissimi, puri, alti! Oh verace
D’amore ebbrezza! E l’uom che in me destolla
Un’altra amò? — Cor mio codardo, e a stento
Le lagrime alla sua morte reprimi?
Un’altra amò: l’abborrirò in eterno!


ATTO SECONDO


Esteriore del castello


SCENA I.


ARILIERTO, GABRIELLA IN ABITO VIRILE, UN BAMBINO


Ariberto. Gabriella, sostiemmi: a tanta piena
D’affetti, oppressa é l’alma mia. Qui crebbe
Il tuo Ariberto; queste annose piante
Mi protesser fanciullo; io su lor chiome
Cento volte salii, vago talora
D’un nido d’augelletti, e talor vago
Scherzosamente di celarmi al guardo
Del fratel mio che irrequïeto intorno
Saltellava, e chiamavami, e piangea.
Oh come entrambo ci amavamo! O come
I genitori giubbilavan quando
In dolce amplesso ci vedean congiunti;
Quando, se l‘un cadendo era ferito,
Più del ferito urlava l’altro! Oh infanzia!
Oh giorni d’innocenza! E tanto amore
Spenger poteasi nel fratel?