Che opprimerti non vuol, che attestar degna
Al santo e filosofico tuo spirito
L’ossequio suo, te piega a dolci sensi.
Consiglio, aita da te chieggo.
Giovanni. Aita!
Erode. Misero assai sovra il mio trono io seggo!
Nè me tanto addolorano e l’orgoglio
Idolatra del Tebro, e le rivolte
Del popol mio, e l’inesorata guerra
Dall’arabe tribù, quanto crescente
Domestica sventura. Ahi, la regina....
Giovanni. Qual?
Erode. Erodiade....
Giovanni. Al fratel tuo consorte....
Erode. La mia sposa Erodiade orrende angosce
Premon: lor causa....
Giovanni. I suoi delitti sono.
Erode. Giovanni, ell’è infelice, e or tue rampogne
Inumane saríen. Da lungo tempo
Languir la veggo, e conturbarsi, e irosa
Disamar tutto.... tranne forse Erode.
Ah, certo m’ama, e assai; ma l’amor suo
È selvaggio, fremente, e sol s’allegra
Di pensieri di sangue. Ad appagarla
Più d’un illustre capo indi immolai
Da cui teneasi offesa; e benchè giuste,
Soverchie forse fur mie stragi, e nome
Acquistai di crudel; pur gli olocausti
Ad Erodiade mai non bastano. Empia
Non è, ma contro agli empi insazïata
Di zelanti vendette. Inorridisce
Quando compiute sono; e del versato
Sangue si pente, e piange,... e altro ne chiede.
Agli eccidii il rimorso, ed al rimorso
Mesce la smania d’espiarli, e affanni
Nobilissimi, e anelito sincero
Vèr tutte regie alte virtù. Me sprona
A glorie non comuni, a illuminato