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LE COEFORE 123

abbiamo finora veduto fiero e risoluto. La corifea, che impersona e sintetizza poi tutto il coro, ha gareggiato con Elettra nell’incitare Oreste. Perché dunque tale cangiamento?

Io credo che Eschilo abbia volontariamente accettata questa piccola incoerenza per evitare un male maggiore. Si doveva fra poco svolgere la terribile scena fra Oreste e Clitennestra. Ora, si ha un bel dire che il coro non contava, e gli spettatori antichi potevano farne piena astrazione: la presenza di quei superflui testimonî avrebbe diminuita la scena, che, per raggiungere il suo pieno effetto, deve rimanere, come rimane, in tragica solitudine.

Ad ogni modo, da Le Coefore, come già dall’Agamènnone, come da L’Eumènidi, vediamo, che come non esisterono mai, salvo nel cervello dei grammatici ignoranti, le famose convenzioni di tempo e di luogo, cosí Eschilo sapeva arditamente violare anche le convenzioni davvero esistenti, per ubbidire ai concetti naturali ed eterni della verisimiglianza e della efficacia scenica.

E a proposito di effetti scenici, non deve sfuggire lo spiegamento del mantello insanguinato dinanzi agli occhi degli spettatori. Con esso Eschilo vuole esercitare su loro una vera e propria suggestione visiva. Un effetto analogo, insuperabile, è nell’Agamènnone, quando Clitennestra fa stendere dal carro del re alla soglia della reggia fatale, i tappeti di porpora, il fiume di sangue, sul quale dovrà muovere lo sposo già sacro alla morte.