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Pagina:Tragedie di Eschilo (Romagnoli) II.djvu/22

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AGAMENNONE 19

tradimento di Clitennestra, la implacabilità delle Erinni, il sacrificio d’Ifigenia, il sarcasmo di Clitennestra, il potere della giustizia divina, ed altri ed altri che ogni lettore potrà facilmente trovare. E seguendo il loro sviluppo, intenderà a fondo uno degli elementi che piú contribuiscono alla perfetta unità della formidabile Orestea.

Un’ultima osservazione. Nell’Agaménnone, come forse in nessun altro dei drammi eschilei, è necessario rappresentarsi, con un continuo sforzo di fantasia, l’attuazione scenica, che Eschilo, vero uomo di teatro, oltre che sommo poeta, vagheggiò sempre, evidentemente, sino ai particolari. Noi non abbiamo piú didascalie, tranne i pochi cenni degli scolî, quasi sempre anodini; ma possiamo rievocarla seguendo attentamente gli indizî, volontari o involontari, impliciti nel testo. Un esempio. Quando Agamènnone scende dal carro e muove alla reggia, sui tappeti di porpora (pg. 71, v. 18), impiega nel passaggio il tempo che basta a Clitennestra per pronunciare quindici versi (del testo greco), sino agli ultimi due, pronunciati certo quando lo sposo era già entrato. Ora, date le dimensioni della scena, la distanza non poteva essere grande. Cassandra la percorre in un tempo molto più breve (v. 1294-1303), sebbene durante il percorso dia tre repliche al coro, le quali implicano brevi fermate, o, in ogni modo, consumo di tempo. Dunque Agamènnone procede a passi eccessivamente lenti. Sceso dal carro, cade anche egli nella maligna sfera del fascino esercitato da Clitennestra, muove, come in sogno, per quella zona magnetica, sparisce, come in un gorgo oscuro, nella reggia ove lo attende la morte.