Pagina:Tragedie di Eschilo (Romagnoli) II.djvu/68

Da Wikisource.

AGAMENNONE 65

nell’urna della strage: all’altro vaso
815s’accostava la man della speranza,
né pur lo riempie’. La città presa,
per l’altissimo fumo è insigne ancora:
procelle di sciagura ancora spirano:
sprizzano i pingui aneliti del fasto
820dalla morente cenere. Or, di memore
grazia compenso ai Numi diam: tendemmo
l’immane laccio; ed a riscatto d’una
femmina, una città ridusse in polvere
l’argiva fiera, d’un cavallo prole,
825la falange di scudi orrida. Un salto,
al cader delle Pleiadi, spiccò:
oltre le torri si lanciò, leone
sitibondo di sangue; e sangue regio
lambí, ne fu satollo. Il mio preludio
830ai Numi è questo. - E quanto a ciò che detto
m’hai tu, l’ho udito, e l’ho notato, e anch’io
penso lo stesso, e m’accordo con te.
Degli uomini ben pochi hanno tale indole
che senza invidia onorino l’amico
835nella prospera sorte. Il velen tristo
siede nel cuore, e a chi tal morbo nutre
addoppia il cruccio, e dei malanni proprî
s’aggrava, e geme nel veder l’altrui
felicità. Ben vidi, e dir potrei -
840ché le parole a me son chiaro specchio -
che d’ombre vane immagini eran quelli
che in apparenza piú benigni m’erano.
Il solo Ulisse, che le vele sciolse

Eschilo, II - 5