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Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) I.djvu/138

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LE BACCANTI 69

ne attingevano; e giú dai tirsi d’ellera
stillavano di miel rivoli dolci.
Sí, che se fossi stato lí, se avessi
visto, con preci avvicinato avresti
il Nume ch’or di vilipendio cuopri.
Noi, bifolchi e pastori, ci adunammo,
parlammo, contendemmo. Ed uno, pratico
della città, di pronto eloquio, disse:
«O voi che in queste sacre alpestri piagge
dimora avete, ché non si distoglie
la madre di Pentèo dai riti bacchici,
per ingraziarci il nostro re?» Ci parve
che bene egli parlasse, e ci appiattammo
tra i cespugli e le frondi. Or, giunta l’ora
di celebrare l’orge, i tirsi scossero,
Bacco invocando ad alte grida, il figlio
di Giove, Bromio. E insieme risonò
ogni monte, ogni fiera; ed era tutto
un avventarsi, un correre. Vicino
Agave a me passò nella sua corsa.
Per afferrarla, dal cespuglio io balzo
dove mi rimpiattavo; ed ella grida:
«O mie cagne veloci, ad assalirci
son venuti questi uomini: seguitemi,
seguitemi: e le man’ coi tirsi armate!»
Con la fuga evitammo che le Mènadi
ci facessero a brani. Esse piombarono
sopra le greggi che pasceano l’erba,
senz’arme in pugno: e lí, questa vedevi
in due squarciare una mammosa vacca
muggente; l’altra lacerare a brani
a brani le giovenche: e fianchi e bifidi
zoccoli su e giú lanciar vedevansi,