Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) I.djvu/149

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i corifea
Strofe
Or quando nella tènebra
notturna il pie’ mio candido
agiterò nel bacchico tripudio,
la cervice crollando all’ètra rorido,
come cerbiatta che del prato allegrasi
fra le verdi delizie,
poi che la truce caccia
ha sfuggita, e l’insidia
delle ben tese reti? Col suo sibilo
il cacciatore l’impeto
dei cani aizza invan sulla sua traccia:
ch’essa, pari ad un turbine,
via per i prati lanciasi
lunghesso il fiume; e nelle solitudini
ove uom non giunge, posa,
e tra i virgulti della selva ombrosa.

Che è saggezza? E qual fu mai dai Superi
dono piú insigne agli uomini largito,
che la man dei nemici
tener sulle cervici?
E quanto è bello a noi sempre è gradito.