Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) I.djvu/164

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LE BACCANTI 95

che via non crolli il carico, rilascia.
Dritto quello nell’ètere ristie’,
su la cima reggendo il signor mio.
E lui scoprîr le Mènadi, piú ch’egli
non le scoprí. Ché mentre ancor nascosto
era fra i rami, lo straniero sparve,
e una voce per l’ètere — la voce
di Dïòniso, penso — risuonò:
«L’uomo io vi reco, o femmine, che voi,
che me, che l’orge mie mise in ludibrio:
traetene vendetta!». Ei sí gridava;
e per la terra e il firmamento insieme
corse un barbaglio di celeste fuoco.
L’ètere tacque, la valle selvosa
mute rattenne le sue foglie, grido
di fiera udito non avresti. E quelle,
che non bene distinta avean la voce,
in pie’ surte, qua e là volgean gli sguardi.
Ed ei gridò di nuovo. Or, come bene
inteser che di Bromio era l’invito,
le figliuole di Cadmo si lanciarono,
non men veloci di colombe a volo,
Agave, la sua madre, e le sorelle,
e tutte le Baccanti. E sui torrenti
e i precipizi, trasvolavano, ebbre
dell’afflato del Nume. E come videro
sull’abete nascosto il mio Signore,
prima una rupe ascesero, che incontro
come torre s’ergeva, e con grande impeto
gli scagliavano sassi; ed altri i tirsi
contro Pentèo per l’aria erti vibravano,
miserevole meta!, e nol giungevano:
ch’oltre la loro furia era l’altezza