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Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) I.djvu/246

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IONE 177

in tutto caro esser non può; ma come
brama, l’accoglierò: ch’egli è pur Nume.
Si allontana.

ione

Con quali detti oscuri al Nume allude
la stranïera, e sempre lo vitupera!
Per amor di colei, forse, per cui
l’oracolo consulta? O tace cose
che conviene tacer? Ma della figlia
d’Erettèo che m’importa? Ha con me forse
rapporto alcuno? Adesso vado, e verso
negli aspersorî, con le coppe d’oro,
rorida linfa. Ma convien ch’io biasimi
quello che Febo fa. S’unisce a forza
con le fanciulle, e le tradisce, e i figli
furtivamente procreati, lascia,
senza pensiero darsene, che muoiano.
Non imitarlo tu! Ma, fatto grande,
pratica la virtú. Vedete! Quando
tristo è un mortale, i Numi lo puniscono.
Bella giustizia! Voi, Numi, sancite
le leggi pei mortali, e siete i primi
a vïolarle? Se doveste un giorno
(non sarà mai, ma pure supponiamolo)
tu, Posidone, e tu, Giove, che reggi
il firmamento, rendere giustizia
dei soprusi d’amore a tutti gli uomini,
i vostri templi vuoti rimarrebbero
in poco d’ora. Ingiusti siete, quando
piú del vostro piacer che della cura

Euripide - Tragedie, 1 - 12