Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) II.djvu/108

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superiore estetico, perché il pathos è giunto ad un vertice non piú superabile. E invece, continua. Come già è passato dal soprannaturale mitico alla tenerezza umana, cosí, con transizione altrettanto brusca, il poeta passa all’eroico. E ad un eroismo che contrasta con la parte precedente anche per il suo carattere giocondo. Arriva Ercole. E non già l’Ercole che vediamo nelle Trachinie e nell’Ercole furente, sul quale si addensano già le cupe ombre della follia e della morte; bensí Ercole nel fiore degli anni e della gloria, che affronta le prove soprannaturali gagliardamente, spavaldamente, senza neppur sospettare che a questo o a quel confine possa trovarsi la morte in agguato.

E sulle tristi soavi armonie, che ancora empiono l’aria del peana funebre, il suo arrivo è come un sonoro giocondo squillo di búccina tirrena. Il popolo, che lo adora, quasi dimentico, un istante, del suo lutto e del suo dolore, gli si affolla d’intorno, curioso di aver notizie della sua nuova impresa. Ed egli volentieri le offre. E alle esclamazioni di stupore e di sgomento, risponde con battute semischerzose, dalle quali riesce mirabilmente scolpito il carattere dell’eroe mediterraneo, nel quale il sostanziale profondo eroismo non si scompagna da una vena umoristica, che qualche volta sembra attingere i confini della spavalderia.

Questo gioioso eroismo si mortifica e si spenge a poco a poco, nel dialogo con Admèto. Le ultime vibrazioni se ne perdono con l’ingresso dell’eroe nella reggia; e subentra il commento del coro, che con l’aerea soavità dei metri e delle immagini, si collega, al di sopra dell’episodio drammatico, con le dolci nenie, ancora echeggianti nei cuori, del peana funebre.

Ed ecco un nuovo, repentino, inatteso e duro cambiamento, nel contrasto fra Admèto e Ferète su la salma di Alcesti condotta al sepolcro. Contrasto non propriamente tragico, e tanto meno sofistico. Contrasto drammatico, che non presuppone in-