Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) II.djvu/112

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ALCESTI 109


Io, piú che me, te caro avendo, a prezzo
del viver mio, la vita a te serbata,
muoio; e potevo non morir per te,
ma chi volessi sposo aver dei Tèssali,
e sovrana regnar nella mia casa.

I Francesi dicono che chi rinfaccia il beneficio perde il diritto alla gratitudine. E cosí, anche i rimproveri che la morente rivolge ai genitori d’Admeto, potevano essere risparmiati. Ma in fondo, questi nèi, ricordandoci, che, insomma, Alcesti è una creatura umana, e non soprannaturale, ne fanno anche piú risaltare l’eroismo. Ma è inutile aggiungere parole per esaltare una grandezza che per essere adorata non chiede che d’essere contemplata.

Non sarà invece superflua qualche parola su Ercole. Questa figura ha parecchi lati comici, e, in qualche punto buffoneschi. È vero. Ed è bene rilevarlo. Ma solo quando avremo affermato ben alto, contro a quanti hanno preteso gabellarlo personaggio da farsa, che nella sua essenza e nel complesso, questo Ercole è superbamente, puramente eroico. Al piú puro ed immacolato eroismo sono ispirati i suoi fatti e le sue parole nei momenti tragici e solenni. Che in altri momenti si dimostri semplice uomo, e schiavo delle umane debolezze, non vuol dir nulla. Anzi. Disse Leopardi che nessuno è meno filosofo di chi pretende seria e filosofica tutta la vita. E cosí, è molto sospetto l’eroe che non dismette in veruna circostanza il sussiego e la magniloquenza. Questa vena di comicità, che, del resto, s’era infiltrata nel carattere di Ercole per una tradizione assai lunga, era preziosa e caratteristica; e distingue nettamente Ercole, eroe tipico della stirpe mediterranea. Ma finora era stata sfruttata unicamente, per quanto almeno sappiamo, dalla commedia e dal dramma satiresco. È merito di Euripide averla accolta nella tragedia, e, unendola, con tem-