Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) II.djvu/8

Da Wikisource.

MEDEA 5


Tutti e tre questi brani trovano riscontro nella Medea d’Euripide. E c’è poco da sofisticare: sono tutti e tre, e massime il secondo e il terzo, riscontri caratteristici, e non imputabili a semplice caso. Fra i due poeti intercederebbe dipendenza. Ed è palese che Euripide avrebbe derivato dalla tragedia anteriore, non solo il piano generale, bensí anche molti atteggiamenti di pensiero e di forma.

Ma chi sarebbe poi stato questo Neofrone?

L’unica notizia che possediamo, ci proviene da Suida. Avrebbe composte 120 tragedie. Avrebbe per primo introdotti sulla scena pedagoghi e interrogatorii di servi (cioè un filone di realismo). E sarebbe stato mandato a morte da Alessandro Magno.

Se è vera quest’ultima notizia, Euripide, che scrisse la Medea nel 431, non avrebbe potuto davvero imitare una sua tragedia. Ma poi, come del resto hanno osservato tutti i critici, di questo Neofrone, eccezion fatta per i tre frammenti riferiti, non c’è rimasto piú nulla, né una notizia, né un frammento, né un titolo di tragedia. Strana sorte, per un poeta che avrebbe rivaleggiato in fecondità con Eschilo e con Sofocle, che avrebbe avuta fama d’innovatore, e tanta virtú d’arte da attrarre nella propria orbita Euripide, il ribelle, l’ostentatore d’originalità.

Senza addentrarci in minute ed inutili disquisizioni, la verità — intuitiva — è un’altra; ed è bene espressa, mi sembra, nella Storia della letteratura greca del Christ (VI edizione, I, pag. 358). La Medea d’Euripide era stata fatta segno a molte critiche: il finale, soprannaturale, e non derivato dalla logica delle vicende drammatiche: l’episodio d’Egeo, non giustificato, e, dunque, intruso: il carattere della