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Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) III.djvu/101

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rebbe ricordargli come non sia lecito dilacerare un dramma in tal modo»1.

Se vogliamo servirci d’una immagine moderna, diremo che l’Ercole è un trittico. Ma non è questa una vera nota caratteristica: altri drammi sono anzi polittici: per esempio, Le Troiane. Caratteristico è invece il collegamento dei tre episodii, che non sono semplicemente, allineati, come nelle Troiane, e neanche uniti con un nesso da causa ad effetto, come nelle Fenicie; bensí giungono di sorpresa. Nella prima parte, il poeta non dice nulla che faccia pur lontanamente presentire la demenza di Ercole: sembra anzi che con la salvazione dei figli e la morte di Lica l’azione debba aver fine: c’è già la materia e la forma d’un dramma completo. E invece, quando tutto sembra concluso, e pel meglio, eccoci balzati in un nuovo dramma. E anche di questo c’è la materia e la forma: da molti fu già osservato che il dialogo tra Furia ed Iride è un vero e proprio prologo. E, analogamente, dopo la morte dei figli, anche il nuovo dramma sembra esaurito. Invece, ecco Tesèo, ed ecco un nuovo prolungarsi dell’azione, verso una mèta ancora inattesa.

Ma sopra i tre episodii in qualche modo eterogenei, si sviluppa, con unità ed equilibrio stupendi, un magnifico diagramma sentimentale. Dalla prima parte, il cui pathos è tale che qualsiasi intensificazione ne parrebbe impossibile, si arriva nella seconda, con un balzo inatteso, ad un tal vertice d’orrore, che la prima parte sembra, per contrasto, mite. Ma rimanere a questo livello sarebbe riuscito sgradevole; e nella terza parte si effettua la defervescenza, che qui fa pensare in qualche modo alla catarsi, anche se non sembri assoluta l’identificazione fra la realizzazione artistica e la definizione aristotelica.

  1. Euripides Herakles erklaert con Wilamowitz - Moellendorf, zweite Arbeitung (1909).