Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) III.djvu/130

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ERCOLE 127

E il dragone custode, che le sue scaglie rosse,
avvolticchiava in orride spire, da lui fu domo.
Poi, per umida traccia,
nel mar s’immerse, e al remigar dei nauti
procurò la bonaccia.
E il cielo alto nell’ètere
levò, sottoponendovi
le palme, il dí che presso Atlante venne:
tanto era saldo; e la magion siderea
dei Superi sostenne.

Strofe III.

Fra i molti fiumi poi della Meòtide.
fra l’estuare dell’Eusin, le Amazzoni
schiera d’equestri vergini, affrontò.
E quanti mai dell’Ellade
eroi non radunò,
per conquistar la vesta
della fanciulla d’Ares figlia, il cingolo
d’oro intessuto, la preda funesta!
Della fanciulla barbara le spoglie
ebbe Acaia: Micene ora l’accoglie.
Quindi la sanguinaria
cagna, l’Idra dai capi innumerabili,
presso Lerna struggea
con la fiamma; e col tòssico
sterminò delle sue frecce il tricorpore
pastore d’Erittèa.

Antistrofe III

E lieto conseguí d’altre vittorie
trofei. Poi navigò fra il pianto e i gemiti