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Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) III.djvu/144

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ERCOLE 141

ercole
Indugiai per salvar Tesèo dall’Ade4.
anfitrione
E adesso ov’è? Sul suol della sua patria?
ercole
Quivi, ben lieto che scampò dagl’Inferi.
Ma su via, figli, nella casa il padre
vostro seguite: è piú lieto il ritorno
che non fu la partenza: or fate cuore,
né dai vostri occhi piú lagrime erompano.
E tu, raccogli, o sposa mia, gli spiriti,
e cessa di tremare. E distaccatevi
dalle mie vesti. Alato io non son già,
né dei miei cari l’abbandono medito.
Ehi là!
Non mi voglion lasciare, anzi al mio peplo
si stringono di piú. Tanto eravate
su l’orlo dell’abisso? Io vi trarrò,
come un naviglio, o fragili battelli,
con le mie mani: ch’io l’amor pei figli
non celo: uguali son gli uomini in tutto;
e i piú possenti, e quei che nulla valgono
amano i figli. I beni differiscono:
chi li possiede, e chi no; ma pei figli
tenera è tutta la progenie umana.
Entrano tutti nella reggia.