Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) III.djvu/271

Da Wikisource.
268 EURIPIDE


teseo

Incantatore, ciurmator non è
costui, che oltraggio fece al padre, e spera
molcirmi con le sue sdolcinature?

ippolito

E questo, o padre, mi stupisce assai:
se tu fossi mio figlio, ed io tuo padre,
e toccar la mia sposa avessi ardito,
t’infliggerei la morte, e non l’esilio.

teseo

Il giusto or dici tu; ma della morte
da te prestabilila or non morrai.
Una rapida morte, è per un empio
troppo mite castigo. Esule errando
dal suol paterno, tra gli affanni e i crucci
vivrai: degli empî la mercede è questa.

ippolito

Oh, che vuoi fare? Attendere non vuoi
che il tempo sveli il vero, e mi mandi esule?

teseo

Oltre il mare, d’Atlante oltre i confini,
ti potessi mandar, come io t’esecro.