Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) III.djvu/8

Da Wikisource.

LE SUPPLICI 5

bani, e le loro madri strapparsi i capelli, battersi il petto, lacerarsi le gote, fra alti ululi di doglia, e il re Adrasto levarsi a pronunciare il loro elogio, gli spettatori non pensarono piú di aver innanzi agli occhi eventi remoti ed estranei, ma videro gli stessi loro figli, i fratelli, gli amici miseramente caduti a Delio. Il ricordo dei diciassette giorni che eran rimasti ludibrio degli elementi e delle fiere, mordevano i cuori di doglia insostenibile. E a chi era bastato il cuore di raccoglierli? Tesèo stesso, l’eroe della patria, l’eroe che non muore neppure quando si strugge la sua carne mortale, ma vive eterno, onnipresente ai destini della patria, aveva prestato a quei miseri il doloroso ufficio. Ma che orrore, vederli cosí deturpati! Alle madri non bisognava mostrarli.

     adrasto
     Vuoi che le madri i figli non abbraccino?
     teseo
     Sfigurati cosí? Morte cadrebbero.

In una magica distruzione del tempo, il poeta aveva cosí immedesimato il passato ed il presente della sua patria. La gloria di quello era sicuro auspicio nella desolazione presente. E quali occhi poterono frenar le lagrime, se anche oggi noi, leggendo quelle tragiche scene, sentiamo un nodo serrarci la gola?

Ispirate a questa visione altissima ed austera, le Supplici le rimangono interamente subordinate. Infatti, se si prescinde da qualche dato esterno e non essenziale, si vede che qui man-