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Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) IV.djvu/171

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168 EURIPIDE


agamennone

Ecco, taccio. Perché dovrà chi mente
alla sciagura l’impudenza aggiungere?

clitemnestra

Ascolta dunque: con parole chiare,
non per enigmi, io ti favellerò.
E prima, poi che a te questa rampogna
prima io rivolgerò — tu mi sposasti
contro mia voglia, mi rapisti a forza,
poi che uccidesti il mio primo consorte,
Tantalo, e il figlio mio via dal mio seno
strappato, a terra sfracellasti. E i due
figli di Giove, i miei fratelli, corsero
fulgidi sui cavalli bianchi, corsero
a inseguirti, e mio padre, il vecchio Tíndaro,
ti salvò, quando a lui giungesti supplice;
e tu m’avesti ancora sposa. E allora,
conciliata, nella casa tua
con te rimasi immacolata — forza
t’è confessarlo — e sempre casta, e prospera
resi la casa tua, sí che dovevi
entrandovi allegrarti, e allontanandoti,
viver sicuro. Ed è ben raro acquisto
simile donna, per un uomo: invece
raro non è trovarne una malvagia.
E tre fanciulle a te diedi e un fanciullo;
ed una delle tre miseramente
or mi rapisci. E se ti chiede alcuno
perché l’uccidi, che risponderai?
Debbo io per te rispondere? Perché