Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) IV.djvu/186

Da Wikisource.

IFIGENIA IN AULIDE 183

Ci conviene grazie al Tessalo render poi del suo coraggio,
ma schivar che la sciagura, senza alcun nostro vantaggio,
su lui piombi, e oggetto d’odio per l’esercito egli sía.
Odi or quello che deciso ho, pensando, o madre mia.
Fu decisa la mia morte: affrontarla in modo io penso
ch’alta fama io ne riscuota, posto in bando ogni vil senso.
Ed insiem con me considera, madre, tu, se dico bene:
tutta quanta la grande Ellade su me l’occhio fisso tiene,
in me sta che i legni salpino, sia la Frigia posta a sacco,
ed i barbari in futuro non c’infliggano lo smacco
di rapir donne da l’Ellade fortunata, quando avranno
per la femmina che Paride seducea, pagato il danno.
Otterrò ciò con la mia morte, celebre sarà
il mio nome: ed avrò l’Ellade vendicata a libertà.
E neppur conviene ch’io di soverchio ami la vita:
ché, non sol per me, per l’Ellade tutta tu m’hai partorita.
Mille e mille uomini pronti sono già, nell’armi chiusi,
mille e mille i remi stringono, a vendetta dei soprusi,
che patiron, sui nemici pronti a far prova del braccio,
a morire per la patria; e sola io sarò d’impaccio?
Con qual mai giusto discorso rintuzzar tali argomenti?
Ora, ad altro: non è giusto che il Pelíde si cimenti
a cagione d’una donna, con gli Achei tutti, e soccomba:
piú di mille e mille donne val che un uom schivi la tomba.
E se Artèmide il mio corpo come vittima chiedea,
dovrò forse io, che mortale nacqui, oppormi ad una Dea?
È impossibile. Per l’Ellade cader vittima acconsento.
Io sia spenta, e Troia cada: mio perenne monumento
sarà questo, questo gloria, questo figli, questo imène.
Che gli Ellèni sian da barbari sopraffatti, non conviene:
genti schiave sono quelle, sono libere l’Ellène.