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IFIGENIA IN AULIDE 195

il figlio di Pelèo, movendo attorno
all’ara della Dea, di sacre stille
l’asperse, ed invocò: «Figlia di Giove
che stermini le fiere, e fra le tenebre
la tua fulgida luce in giro volgi,
questa vittima accogli onde olocausto
ti fan le achive schiere ed Agamènnone,
il sangue intatto di virginea gola;
e concedi alle navi un corso prospero,
e ch’espugnati i valli d’Ilio siano
dall’armi nostre». Stavano gli Atrídi,
stava tutto l’esercito, con gli occhi
confitti al suolo. Ed impugnato il brando,
preci innalzava il sacerdote, e il punto
della gola cercava ov’ei colpisse.
Da non lieve dolor l’animo mio
era pervaso, e stavo a fronte bassa.
Ed ecco, apparve un prodigio improvviso;
ché del colpo il rumore ognuno udí,
ma dove la fanciulla al suol cadesse,
nessuno vide. Il sacerdote, un grido
levò, gridò con lui tutto l’esercito,
poi che un prodigio inaspettato vide
d'un qualche Nume, tal, che, pur vedendolo,
incredibil parea. Guizzante al suolo
una cerva giacea, grande, bellissima,
e del suo sangue tutto intorno asperso
era l’altare della Diva. E allora
lieto Calcante — immaginar lo puoi:
«Principi — disse — che in comune queste
schiere d’Achei guidate, or questa vittima
mirate, che la Dea sull’ara pose,
questa cerva montana. Essa gradí