Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) V.djvu/130

Da Wikisource.

ORESTE 127


Ma questi brani meritano poi speciale considerazione per la loro altissima tempra. Si legga, dopo la pàrodos, l’invocazione alle Eumenidi perché sollevino Oreste dalle sue pene; e, nel secondo stasimo, la rievocazione, piena di evidenza. di profondità e di pathos, del matricidio. E nel canto di Elettra, che, con sapore di novità, occupa integralmente il terzo stàsimo, la invocazione alla terra pelasga, con quella figurazione del mito di Tantalo, tutta infusa d’una possente vibrazione cosmica oscura, ma che rivaleggia per grandiosità con quella di Pindaro: si rileggano tutti questi brani; e parrà che in essi, nella parte corale, si sia rifugiato l’alto spirito tragico, spanto quasi per intéro dalle parti piú propriamente drammatiche. Sono essi come un gran cielo mitico, pieno ancora dei suoi Numi e dei suoi eroi, che s’inarca sopra l’azione, nella quale non si muovono piú se non figure comuni, e faccia piovere sovra esse un fatuo bagliore di tragicità dionisiaca. Contaminazione, se si vuole; ma piena di effetto e di strana suggestione.

E possiam dire che dai giorni di Eschilo non si era piú vista una concezione del coro cosí ricca, sebbene cosí profondamente differente dalla eschilea.

E dei personaggi in sé, dei «caratteri», non giova far troppo lungo discorso. Tutta gente da poco — diceva già l’antico commentatore1. Proprio cosí. E non già perché siano antieroici, ma perché, evidentemente, il poeta non ha avuto in animo di scolpirli, o, se ne ha avuto in principio l’idea, l’ha presto abbandonata. E tutti i personaggi di questo dramma sono fantocci, ai quali il poeta ha appiccicato qua e là,

  1. Nella Ipotesi. Πλὴv γὰρ Πυλάυδου πάντες φαῦλοι εισιν. Ma neppur Pilade mi sembra una grande eccezione.