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Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) V.djvu/134

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126 EURIPIDE

taltibio
Se te demente non rendesse Apollo,
impunemente ai duci miei congedo
dare da Troia con sí tristi auguri,
tu non potresti. No, chi saggio e accorto
sembra, non val piú di chi nulla vale.
Il supremo signor di tutti gli Èlleni,
il figliuolo ad Atrèo caro, l’amore
prescelto s’addossò di questa Mènade.
Poverello sono io; ma non l’avrei
voluta sposa. E a te, che il senno a posto
non hai, perdóno i biasimi agli Achivi,
gli encomî ai Frigi; e i venti li disperdano.
Seguimi, del mio duce o sposa bella,
verso le navi. E tu, quando comandi
di Laerte il figliuol, dovrai seguirlo:
serva sarai d’una donna pudica,
a quanto dicon quei che ad Ilio vennero.
cassandra
Che cianciatore è questo servo! Il nome
perché dànno d’araldi a questi famuli
e di tiranni, e di città, che l’odio
son degli uomini tutti? Andrà, tu dici,
serva mia madre alla casa d’Ulisse?
E dove son gli oracoli d’Apollo,
espressi a me, che qui morta sarebbe?
Taccio l’altre ignominie. O sciagurato,
egli non sa che pene ancor l’attendono!
Oro, al confronto, gli parranno i mali
dei Frigi, i miei: ché dieci anni, oltre quelli