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Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) V.djvu/19

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RESO 11


realmente porterà a compimento tutto quello che promette ai Troiani:

atena
                              Ov’ei la notte
     trascorra, sino al nuovo dí, la lancia
     far non potrà d’Achille, e non d’Aiace,
     ch’egli il campo naval non ponga a sacco
     degli Achei tutto.


Chi promette quello che effettivamente manterrà, non possiamo battezzarlo fanfarone. E, del resto, l’ultima accorata nenia della Musa sul suo cadavere esclude assolutamente la ipotesi che volontariamente Euripide abbia voluto presentarci un Reso grottesco.

E lo stesso si dica per Ettore, nel quale, anche qualche critico ha voluto riconoscere un predecessore di Pirgopolinice. Certo, anche in lui si può ravvisare qualche stimmate di millanteria. Anche piú strana è una certa sua disposizione ad arrendersi subitamente dopo solenni affermazioni di propositi: dichiara che vuol muovere contro il campo de’ Troiani, ma poche obiezioni d’Enea bastano a dissuaderlo: vuol rifiutare il soccorso di Reso, ma il Coro gli dice che è piú opportuno accettarlo, ed egli l’accetta.

Strana, e, insomma, un po’ comica. Ma che Euripide abbia voluto mettere in rilievo una sua fanfaronaggine o una dabbenaggine, non si può neppur pensare. Il suo contegno finale con l’auriga di Reso è nobile ed umano quanto piú non si saprebbe imaginare. E, senza dubbio, il poeta ha voluto rappresentare, in lui ed in Reso, due purissimi eroi. Il Reso è tragedia di serietà ed elevatezza non inferiore a quella di qualsivoglia altro dramma di Euripide.