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la genia degli araldi: ai fortunati
sempre voltarsi; e loro amico è sempre
quei ch’è potente ed occupa le cariche.
Dopo lui, prese la parola il principe
Dïomede; e né te, né tuo fratello
morti volea, ma che osservata fosse
la pietà, punendovi col bando.
Ed alcuni, tra plausi alti, gridarono
che ben parlato avesse, altri negarono.
E a questo punto, un uomo si levò,
di lingua senza fren, che l’impudenza
ha ognor per arma, Argivo e non Argivo,
fra i cittadini intruso, uso a fidare
nella ciancia ignorante e nel subbuglio,
persuasivo a spinger chi l’ascolta
in qualche danno, o prima o poi. Ché, quando
un uom soave di parole, e tristo
di cuor, la folla persuade, è grave
il mal della città: quanti con senno
invece, ognor buoni consigli porgono,
utili alla città, pur se non súbito,
riescono. Convien volgere gli occhi
su questi, quando scegliere si vuole
chi regga la città: ché sono in simili
condizïoni l’oratore e l’uomo
di governo. — E costui disse che uccidere
sotto le pietre te bisogna e Oreste:
lo subornava a tali detti Tíndaro,
alla vostra condanna. E un altro surse
a parlar contro lui, non avvenente,
ma generoso, un uom che poco suole
la città frequentar, poco la piazza,
un contadino — sono questi gli uomini