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capitale, è vedere se e come sia riuscita l’applicazione della formula romantica a questo soggetto ultra-classico.

E da quanto fu discorso, ci sembra risulti chiaramente che, pesati i vantaggi e gli svantaggi, il bilancio riesca nel complesso favorevole ad Euripide.

Egli è già qui sulla via che batterà poi con passo franco e vittorioso nella Ifigenia in Aulide. Scoprire nel soggetto prescelto gli elementi di commozione umana, e lavorar su quelli direttamente, togliendo di mezzo, spesso con ostentazione, ogni speciosa vernice d’eroismo. Se ne va, cosí, lo spirito dionisiaco; ma l’interesse rimane; e quando un’opera d’arte riesce ad interessare, si sottilizzi finché si vuole, ma è opera riuscita. E questa Elettra è, per consenso comune, uno dei drammi che piú incatenano il nostro interesse.

E, a parte ciò, bisogna rilevare che in esso abbondano i luoghi insigni per pura eccellenza artistica. Il discorso di Elettra sul cadavere di Egisto è quanto si può immaginare di piú vibrante e drammatico. La strage di Clitemnestra è descritta, nel kommòs, con una evidenza di particolari drammatici emula della rappresentazione diretta. Il duetto finale, per la sua virtú di commozione, va annoverato fra le gemme del teatro d’Euripide. E notevole è tutto il finale, in cui, con effetto che ritroveremo poi nelle Baccanti, ma che qui forse era nuovo, si effettua la catarsi — se per catarsi intendiamo una purificazione dal culmine dell’errore tragico, ottenuta col ritorno di una piena ondata di sentimenti umani, dopo la furia sfrenata della disumana ferocia inerente alla tragedia.