Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) V.djvu/242

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ORESTE 239

o al Telamonio dal cimiero triplice,
ch’io vidi, vidi alle porte di Priamo.
Noi, con le spade tese
venimmo a zuffa. E allora fu palese
quanto in valor, nell’impeto
di Marte, all’Ellade
la Frigia in forza cede.
Chi volge a fuga il piede,
uno è cadavere,
uno è ferito, quest’altro supplica
d’aver salva la vita.
Fuggiamo per tutta la casa,
dove c’è piú oscurità.
E chi soccombe,
e chi sta per soccombere,
e chi caduto è già.
Ed Ermïone misera,
in casa entrò, mentre cadea ferita
la sciagurata che le die’ vita.
Su lei balzaron pronti,
simili a Mènadi
senza tirso, che un dàino
ghermiscono pei monti.
Poi di nuovo si volgono
alla figlia di Giove, per ucciderla.
Ed essa, dai talami,
traverso i palagi,
divenne invisibile,
o Giove, o Terra, o Notte, o etereo Lume,
sia per virtú di farmachi,
sia per arte di magi,
sia per furto d’un Nume.