Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) V.djvu/29

Da Wikisource.
26 EURIPIDE


elettra

Al par dei Numi, amico mio, ti stimo
ché mi trovo fra i mali, e non m offendi.
È gran sorte fra gli uomini, un tal medico
quale tu sei per me, trovar dei mali.
Ed io, sebbene tu chiesto non l'hai,
per quanto posso, alleggerir ti devo
delle fatiche, sí che men ti pesino,
partecipare i tuoi travagli. Assai
tu lavori pei campi: spetta a me
la cura della casa: a chi lavora,
piace, tornando, trovar tutto in ordine.

auturgo

Se poi t’aggrada, va’: tanto, la fonte
lungi non è da questa casa. Ai campi
i bovi io spingo alla prim’alba, e il seme
gitto nei solchi: che per quanto i Numi
in sommo della bocca abbia, un poltrone
che non lavori, non guadagna il pane.
Si allontanano. Quasi subito entrano Oreste e Pilade.

oreste

Pilade, te fra tutti quanti gli uomini
io stimo fido e caro ospite mio.
Solo tu, fra gli amici, a questo Oreste
riguardo avesti, in tal condizione
qual’è la mia: ché m’aggravò d’orrendi
soprusi Egisto: egli, e con lui la madre
mia maledetta, al padre mio die’ morte.